Vacanze single: la mèta migliore sei tu
“I ONLY HAVE EYES FOR YOU” illustrazione di Elena Borghi
È estate anche se sembra autunno, ma è estate ed è lei, con la sua bizzarria, a ricordarmi che il tempo non esiste ma questo è un altro discorso.
La stagione dei single che vanno in vacanza è questa: liberi da pensieri, parole, opere e omissioni, si parte per fornicare in pace. Amen.
Così sia, per me, per te, per noi, per tutti.
Quello che vorrei per te è che chi incontrerai, in quest’estate autunnale o anche dopo, che sia una storia che va avanti o il gioco di una sera, ecco, che costui non facesse leva sul tuo desiderio, mescolando proiezioni di quello che desideri a quello che avrai.
Non so, è come se gli uomini avessero uno speciale potere che va oltre il comprensibile, richiama l’istinto animale, richiama quel sentore dell’altro. Fondamentalmente, dalla notte dei tempi, l’uomo è capace di leggere il tuo DNA alla stretta di mano, acquisirne i dati più inconsci e darti esattamente quello che neanche tu sai di volere. Risultato? Ti porta a letto, ovvio, se poi vada bene o meno, beh, quello è un altro paio di maniche. Ed è quello che vuoi anche tu, sia chiaro: ti diverti (nella migliore delle ipotesi) e chi s’è visto s’è visto.
No. Invece no. Molto spesso l’uomo ha un altro super potere ovvero il narcisismo, una bestia comune quanto rara da estirpare.
Ecco, quella bestia lì vuole che tu lo idolatri. Che a lui gliene freghi meno di zero o che un giorno chiederà la tua mano a tuo padre, non importa. Devi idolatrarlo., questo è il suo obiettivo principale e più superficiale. Lui deve uscire da questa scopata più o meno altruista con la consapevolezza che, in ogni caso, si possa dire che sì, sono un toro da monta pazzesco, tu non mi resisti e io, boh, vedremo, ma, molto probabilmente, attaccherò con la solfa che tu sei speciale ma io non vado bene. Che tu sai quello che vuoi e io, beh, io ancora non lo so. Che vado per i quaranta ma c’ho ancora da scoprire i miei istinti. Che io ti auguro tanta felicità ma non la riceverai da me, ma da un tizio dotato di equilibrio, che io non ho, per inciso.
Poi potrebbe anche aggiungere la solfa “esco da una storia che mi ha segnato profondamente” ma quella è un’opzione stile che varia da caso in caso.
Eppure tu sei lì che ti sbracci per dirgli, guardandolo negli occhi, che, ecco, sì, insomma, non sai come comunicarglielo delicatamente e allora lo fai come ti viene: ehi, tizio, non hai capito una fava di niente!
Gli hai detto da subito, dalla prima sera, di star sereno, che vuoi solo giocare gioire e godere, le tre G che contano prima ancora del famoso punto, ma lui niente, non ti ascolta, neanche a letto forse, perché è già partito con la sua sceneggiatura.
Un copione misero che però gli dà sicurezza e che comprende il passaggio da “tipo interessante” a “essere pessimo, privo di stile, poco rispettoso”. Magari lo incroci in qualche locale, o tra amici comuni, magari si mette a flirtare davanti a te con una tipella qualunque, molto bella, certamente, magari più giovane di te, ma capace di discorsi di una vuotezza che manco in assenza di gravità li vedi. Ma niente, sono quei jeans troppo stretti e quel top troppo scollato a convincerlo che vale la pena ascoltarla quella tipella. Anche se ci sei tu, lì davanti, a vederlo in azione.
Capita. E la stima che potevi nutrire per lui, quella stima che ti aveva convinta ad andarci a letto, foss’anche solo per una volta, quel bene supremo di una relazione, foss’anche solo di poche ore, quel fondamento del rapporto a partire da due esseri in su (che anche nelle orge ci vuole della gran stima) ecco, quella, proprio ti scende. Odi lui e odi anche te, che gli hai creduto, infondo.
È allora che cade il palco. Lo guardi mentre flirta come se tu non ci fossi e come se non ci fosse neanche un domani e pensi: “Ma veramente sei così? Mavvaffanculo”.
Tu che mi dicevi «che bello, con te parlo così bene» (e tu che intanto pensavi sì, ma mi chiavi così male, sembri essere altrove ogni volta).
Tu che mi dicevi «sei la persona più interessante che sto vedendo in questo periodo» (sì, ma poi ti dimentichi che sono accanto a te davanti alla prima ochetta che ti sbava dietro).
Tu che mi dicevi «sai sono molto selettivo e difficilmente mi lascio andare ma tu… eh! Tu sei una grande» (sì ma poi sei ancora sotto per la tua ex e scopi in giro per riempire il vuoto esistenziale da assenza di personalità che quella donna colmava).
Capisci che, tuo malgrado, esistono persone che pretendono avere potere all’interno dell’amore perché questo li fa star meglio, specie se ce l’hanno piccolo (per avere conferme) o se ce l’hanno grosso ma non son capaci (per avere conferme) e che tu, quei dementi, li attiri come le merde attirano le mosche (questa è la fase in cui ti odi quindi ti senti un po’ una merda, dai).
Così ci vuole un attimo, tu vieni letteralmente appesa grazie al gancio dell’illusione, nell’attesa che la persona mantenga la promessa inesistente ma creata ad arte e che, puntualmente, non ti viene mai concessa. In un baleno da amore passi a una progressione orrida fatta di ossessione, fissazione, lacrime di sangue, condita da monitoraggi furiosi di telefono, social e WhatsApp. Il tuo corpo si ribella, ti ammali e quella pagina, prima o poi, la volti con la sola forza dell’auto-preservazione ma, intanto, ti sei svilita col disamore.
Ma ecco che accade l’imprevedibile e quel dolore torna utile perché ti serviva infondo. Quelle spiacevolezze, la sua assenza di stile, la totale assenza di rispetto e stima, diventano altro, anzi, li giri e li doni a te stessa e quel desiderio per lui, un giorno, ti svegli e ti accorgi che non ti appartiene più. Quell’uomo che sentivi e che volevi più di ogni altra cosa, quell’uomo ti risulta improvvisamente indifferente e scopri un altro amore, quello per te stessa. E non lo dico da santona Osho Style. No,no, credimi, ritrovi in te quel senso di completezza, consapevolezza, senso di amore e di totalità da farti sentire un essere vivo e carico al cento per cento, tanto da farti dire che tutto ciò che incontrerai inferiore a questo, non va neanche considerando perché offende profondamente ciò che di prezioso, da sola ti sai dare.
Magari sei una tipa recidiva e devi prenderne un po’ di batoste così, o forse sei più sveglia e ti basta una volta ma tant’è. Ognuno c’ha i suoi tempi.
Il risultato è che scopri che vuoi la felicità e non chi te la augura, vuoi che ti si dimostri amore e non che te lo si racconti, vuoi un uomo che ti meriti e non che ti dica ciò che meriteresti.
E mentre tu, liberata dal demone, navighi con il vento a favore verso lidi meravigliosi, colui che credeva di avere il coltello dalla parte del manico perché effettivamente gli hai dato modo di convincersene, ecco, questo poverino si accorge improvvisamente che quel manico se lo può tenere e che non gli serve a niente se non a ricordargli che ha sprecato un sacco di tempo facendo promesse vane ma non dicendosi nulla, tenendo appesa una persona ma non pensando a crescere, a evolversi, che il tempo è passato senza darsi l’occasione di imparare grazie a te, che sei una persona così speciale e unica e incredibile, come lui stesso asseriva mentre ti infioccinava il cuore come si fa con gli spiedini della grigliata di Ferragosto.
Così mentre tu hai compreso che l’amore sano non arriva da una richiesta, da un bisogno, dalla volontà di colmare un vuoto ma dal fatto che la tua pienezza è così consapevole e baricentrata che ora puoi dare il massimo di te e sei pronta a ricevere il meglio, mentre tu sai tutto questo, lasci il povero tapino con un manico di coltello in mano e lui lì, in piedi, lo sguardo vuoto verso un punto vuoto in una piazza vuota metafora di una desolazione che non sa da che parte cominciare a risolvere.
Probabilmente la sua assenza di stile lo farà muovere verso una serie di fregne che inanellerà con il solito copione che tiene nell’altra mano, quella libera dal manico. Oppure chissà, si prenderà il suo tempo e indagherà per trovare un equilibrio più o meno decente visto che, tra le altre cose, ormai c’ha anche un’età e ‘ste faccende, più tardi le cominci e peggio è.
Ma a questo punto tu sei già arrivata nella playa del Sol del tuo Io, sei raggiante e lucente come una pepita d’oro splendente e quelle dipendenze, quei vittimismi, quelle routine dolorose e quei disagi, tutto scompare e sai che c’è di nuovo? Sei libera e se le reincontri (capitano dei rigurgitini) le riconosci e non le tolleri, neanche mezzo secondo, nella tua vita.
È come quando prendi una ciucca di rum e poi lo senti lontano un chilometro quell’odoraccio e ti sale il vomito e dici no, grazie, preferisco altro, tipo stare da sola. La natura aiuta e al prossimo che incontri di vagamente simile, gli dici alle prime avvisaglie che no, grazie, mi tolgo da questa situazione perché non mi va bene. Punto.
Ti perdonerai anche, ti dirai che non sono gli altri a essere stronzi ma tu, con la tua assenza di consapevolezza, ad averli attirati. Se non sai cosa vuoi da un uomo attirerai proprio un uomo che non sa cosa vuole perché, santocielo, se tu non hai stima di te stessa perché l’altro dovrebbe averne per te?
E così come dice Gabriele Policardo: “«Ti Amo» quasi impallidisce e non ha più forza, «Ho stima di te» è il vero messaggio di un amore maturo, reciproco, sano e felice. Non l’amore delle occasioni perdute, del rimpianto della vana speranza, ma l’amore dell’uomo del desiderio, l’amore del futuro.”
Meno di tutto ciò, a partire da questa estate che sembra autunno in poi, francamente, non me la sento di augurartelo.
Buone vacanze.
OK, però l’occhio è dentro un ovale che sembra una vagina. E’ dai tempi di Heidi e dei monili della signorina Rottenmehier che non si vedono simboli uterini così espliciti…
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Il narcisismo diventerà l’ennesima croce che dovremo portare, dopo i padri padroni, i padri assenti, i peter pan, i femminicidi, …
Che due coglioni la superiorità di genere. Statevene da sole!
Gentile Luca,
il fatto che tu veda tutti questi simbolismi in queste forme mi colpisce. È da tanto che non vedi una vagina vero?
Felice vita, e*
Gentile Elena,
e tu cosa di sai di cosa sembrano le vagine, viste da vicino?
Il simbolo più antico della donna è la linea che disegna un quadrato: la terra coltivata e fertile e il tuo blog è quadrato.
Perché non abdichi al fatto che trasudi femminilità da ogni segno grafico che scegli, un po’ come gli uomini hanno cravatte al collo, pugnali in tasca, pipe in bocca, … ?
Sei il frutto più puro dei simboli inconsci che da millenni ti precedono, come tutti noi. Perché la reazione piccata?
A presto!
Gentile Luca,
a dire il vero ho sempre rivendicato con forza il mio essere femmina. Non ho bisogno di “abdicare” come dici tu perché non ritengo di avere nessun complesso o invidia del pene che ostacoli il mio vivere gli archetipi femminili che, come ben dici, trasudano dal mio DNA. Ne è testimonianza il fatto che io abbia deciso di combatterli, con il mio lavoro e con i miei scritti, a favore dell’evoluzione della specie, sia femminile che maschile. Trovo limitativo vedere nell’ovale un buco vaginale e nella forma oblunga quella fallica ma, del resto, Freud non mi ha mai convinta. Sono decisamente junghiana e, anche per questo, ritengo che ciò che salta subito all’occhio dell’osservatore sia riflesso di ciò che gli manca. Trovo molto più affascinante scoprire questo piuttosto che indagare il mio inconscio visto che, tra l’altro, lo indago ogni giorno.
Felice vita,
e*
Anch’io tifo per Jung, molto più legato ai simboli di Freud, molto di più.