Non ci vedo bene ma ci sono: posta del cuore a Dio (Seconda Lettera)
Rara immagine di Dio, ritratto in un momento di distrazione. Disegno di Elena Borghi.
Perse tutte le speranze, non ti rimane che scrivere a Dio, sperando che risponda.
Questa è una rubrica domenicale nata a sua insaputa ma, ovviamente, anche a Sua immagine e somiglianza. Domande, pensieri, parole, opere e omissioni di gente che, una qualche risposta precisa la vorrebbe. E chissà che magari un giorno non arrivino anche.
Caro Dio,
mi chiamo Erika con la cappa, ho una merceria che si chiama Zucchero Filato e una bambina che fa tante, tantissime domande da quando ha tre anni.
Penserai che è normale a quell’età. Eppure io, che sono donnina fatta e finita – tra l’altro grazie per l’occhio di riguardo che hai avuto nei miei confronti. Mi hai fatta venir fuori parecchio topa – ecco, io, i “Perché?” li chiedo ancora. Non faccio altro, a dirtela tutta.
Mi iscrivo a un sacco di corsi, di tutti i tipi e da ottobre torno addirittura a scuola per colpa della mia sete di “Perché?”.
Torno a scuola perché spero di imparare, un giorno, a capire quello che mi succede attorno. Spero di imparare anche a rispondere ai fatti della vita con un “Fiiico, grazie!” e non più solo con “Perché?”.
Ecco Dio, volevo dirti che io ti ho sempre parlato in questi anni, senza mai pensare che un giorno mi avresti risposto; quella si chiama preghiera, giusto?
Domenica scorsa ho letto la Prima Lettera di “Non ci vedo bene ma ci sono”, scritta da Maddalena e mi sono detta che potevo provare anch’io a chiederti “Perché mi piacciono i perché?”.
Tipo, sai cosa mi succede spessissimo in negozio? Entrano giovani maschi, carini, eterosessuali. Personaggi strani per una merceria. E fanno gli splendidi, sprizzano simpatia, strizzano l’occhietto ma sono quasi sempre indecisi su cosa o quanto comprare fino a quando esordiscono con un “Aspetta che chiamo la mia ragazza che questa cosa serve a lei”.
Ecco capisci che poi scatta forte il “Perché???” e un sonoro “Mavvaffanculo” aggiungerei. Ops… scusami, non ti arrabbiare se ogni tanto dico una parolaccia.
Insomma Dio, se vorrai resuscitarmi a persona nuova e guarita te ne sarò grata. Tra l’altro abito in Via Lazzaro, mi pare che un pochino mi spetti anche di diritto.
Con stima,
tua Erika
Erika mi ha raccontato la sua storia e mi ha chiesto di intercedere presso Dio scrivendo di mio pugno una lettera che contenesse i suoi voleri. Se anche tu senti di essere così sprovveduto da volerlo fare, comunicami i tuoi pensieri a elena@elenaborghi.com.
Sarà mia premura scrivere una lettera convincente a Dio.
Amen.
LEGGI LE LETTERE DELLE SCORSE SETTIMANE QUI.
Cara Erika, la sete di conoscenza è uno dei più nobili aspetti della natura umana, nonché la fonte di tutti i vostri guai, e ti dirò: è giusto così. Se volete fare i fighi in cima alla catena alimentare ed evoluzionistica, ci dovrà pur essere un prezzo da pagare, no?
Quanto al tuo problema, se ho ben capito, trovi fastidioso che taluni maschi eterosessuali – già accoppiati – usino nei tuoi confronti un atteggiamento ammiccante e ambiguo che lascia ben sperare, anche se in realtà non hanno alcun motivo di smuovere gli ormoni altrui, essendo, appunto, già accoppiati.
In quanto promotore dell’antica iniziativa “andate e moltiplicatevi”, io non ci vedo nulla di male in tutto ciò, ma a costo di sembrare sessista ti risponderò con un’altra domanda: secondo te, da chi hanno imparato a comportarsi così?
“Altissimo” ti dona di brutto come aggettivo.
E sempre sia lodato.
Amen.