Manifesto contro la parola DEADLINE (specie ad Agosto)
“La distruzione di Sodoma e Gomorra”, John Martin, 1852.
Volevo dire a tutti quelli che usano la parola “DEADLINE” in una mail, in una chat, al telefono o nei messaggi che infilano nelle bottiglie da gettare alla corrente, che potrebbero anche usare “SCADENZA”.
Non mi fraintendere: capisco perfettamente il fascino intrinseco del dramma così come quel concetto così subliminalmente infilato nella sotto corteccia di chi legge o sente quella parola terribile, felice portatore di un’utilissima quanto inconscia abnegazione al lavoro.
Capisco anche la miriade di rimandi carismatici che una parola come DEADLINE porta con sé, lo charme dell’epoca vittoriana, l’attrattiva degli svenimenti, delle sceneggiate e l’attaccamento alle tende di casa, come solo la Duse sapeva fare.
Allora, a parte che adesso la gente è predisposta ad andare in ansia da lavoro e a perdere i sensi anche senza i bustini costrittori, se ci tieni a comunicare lo stato di non ritorno, vorrei segnalarti SCADENZA IMPRESCINDIBILE come alternativa più che valida a DEADLINE, a mio avviso. Ha in sé una sua decadenza seducente grazie a quel pizzico vintage, non trovi?
Oppure anche CONFINE INVALICABILE non è male. Che ne dici?
Ma, ti prego, mettiti una mano sul cuore e pensa alle migliaia di donne in premestruo che, quando si sentono dire DEADLINE, mollano la corazza e pensano: “Ho buttato la mia vita nel nulla, compiacendo richieste assurde dove mi si augura (ogni volta) la morte. Vita che, tra l’altro, giovedì prossimo finirà perché, chiaramente, non ce la farò mai a consegnare in tempo e quindi quella LINEA DEL MORTO dovrò superarla e allora una pioggia di fuoco e zolfo mi incenerirà all’istante. Polverizzata o, magari, resa statua di sale, io che girandomi cercherò di guardare nel mio passato per capire dove mi son persa, di preciso. Come avvenne quella volta a Sodoma, città distrutta da Dio insieme a tutte le altre città della pianura, ovvero Pentapoli. E sì che a me, i sodomiti, sì, insomma, gli abitanti di Sodoma come si chiamano, sodomesi? Ecco, loro, mi son sempre stati simpatici. Gente affabile. Anche i gomorresi, per carità, o si dice gomorrini? Comunque hai capito no?… Ma niente, guarda, lascia stare che tanto giovedì verrò polverizzata”.
Ecco, ci tenevo a dirtelo perché usare DEADLINE in mail di lavoro, specie in quelle che partono e arrivano a metà Agosto, è un gesto orribile, sappilo.
Perché sono tutti in vacanza, anche tu, che stai scrivendo DEADLINE dal tuo iPad portato in spiaggia, con davanti la tua birretta fresca delle 18:46, a pochi metri dal bagnasciuga, perché è di prima fila di ombrelloni che stiamo parlando vero? Ti immagino, sdraiato su uno di quei lettini-imperiali-matrimoniali-extra-size, riparato da un patio con cannucciato atto a filtrare il sole per rendenderlo gentile alla tua pelle. Non stride agli occhi, anche a te, DEADLINE, ora che la scrivi da quella situazione? A me sì, mi fa brutto ma sarà perché la leggo mentre lavoro.
Sai, ho un sacco di SCADENZE IMPRESCINDIBILI.
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