Parole abusate: ode all’Artista

1 Marzo 2015
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L’artista, per sua stessa definizione, è una persona libera, profondamente.
L’artista è una persona che canta fuori dal coro ma non lo sa, perché lui sa cantare solo così. Glielo riconoscono gli altri, semmai.
L’artista è una persona che offre diversi punti di vista ma non lo sa perché lui le cose le vede solo così. Glielo riconoscono gli altri, semmai.
L’artista è una persona che cavalca i secoli, le vite, sale, scende, parte e ritorna da altrove per continuare, fino a quando la Terra avrà ragione d’essere, la propria evoluzione creativa. Dalla notte dei tempi fino alla fine dei tempi.

L’artista non ama sentirsi particolare, diverso, originale, geniale, perché soffre e ha sofferto nel constatare, ogni giorno della sua esistenza, che quello che pensa è particolare, diverso, originale, geniale quindi diverso da quello che vede. Quindi non parte di un gruppo. Quindi, in qualche modo, emarginato, inadeguato, solo.

L’artista non fa vanto di questo.

L’artista, per sua stessa definizione non può definirsi. Ci provano gli altri, semmai.
Così tutta la mia profonda, genuina compassione, nel senso proprio di sentimento grazie al quale percepisco emozionalmente la sofferenza altrui provandone pena e desiderando alleviarla, scaturisce dal mio cuore quando sento incerte persone definirsi “artista” o “creativo”, ingabbiandosi in uno stereotipo socialmente riconosciuto che eseguono come copione, da bravi scolaretti.
Ecco, vorrei alleviare tale sofferenza, con tutta la compassione di cui sono capace, ma non esiste un modo. L’ho cercato, credimi, ma non esiste metodo per farti comprendere che non è la definizione che ti concedi a fare di te un artista. Questo metodo che potrebbe alleviare la tua sofferenza non esiste principalmente per il fatto che tu non vuoi sentire altre opinioni al di fuori della tua, incaponito a fare un lavoro che non è il tuo, cullato da stereotipi malsani che ti portano, molto spesso, a essere povero di mezzi, ricco di droghe e alcol e dissolutezza, perché è lo stereotipo dell’artista bohémien il più forte di tutti, ancora.

A seguire, lo stereotipo che chiamerò “artista evoluto” il quale esprime la sua creatività a parole, spesso incerte, con atteggiamenti, spesso spocchiosi, confidando su altre persone il buon esito della sua idea creativa, spesso scopiazzata. Tali persone che attuano il buon esito per l'”artista evoluto” solitamente sono sapienti artigiani o, paradossalmente, artisti veri ai quali, per inciso, non viene mai riconosciuto il contributo in empatica capacità di tradurre pensieri creativi solo lontanamente realizzati dal committente “artista evoluto” che, anzi, tende a escluderli completamente dal proprio atto creativo. L'”artista evoluto” non ha complessi verso il denaro, anzi, sovra stimandosi immotivatamente ne chiede tanti senza problema alcuno.

Cerco d’alleviare la tua frustrazione  “artista” o “creativo” o “artista evoluto”, soprattutto quando, indagando nel tuo essere con amorevole accoglienza, ti vedo scivolare lento mentre ti aggrappi a specchi privi di feritoie che sono le risposte imparate a memoria per conclamare all’altrui interesse che sì, tu sei un artista.

Così vedo i tuoi polpastrelli volenterosi smaniare in cerca di quelle deboli feritoie immaginarie alle quali aggrapparti mentre ti guardo negli occhi, serena, diretta, con l’orecchio teso, pronta a chiamarti artista, anch’io, oltre a te. Inabile a essere veramente ascoltato dall’altrui interesse, a un certo punto vacilli, visibilmente, perché ti accorgi che il tuo monologo è finito e davanti a te hai ancora occhi in cerca di risposte e non sedotti, non annoiati o assenti come ti capita sovente.

E allora non sai più cosa dire e vacilli, balbetti e ti vorrei aiutare, davvero, ma l’unica cosa che mi rimane da fare è provare pietà umana, sincera e devota, davanti al tuo ritorno alla verità taciuta in fondo al cuore ma che sai, ah, se la sai.

Ti auguro tutto il meglio, davvero, affinché tu possa incontrare sempre persone incapaci di comprendere la differenza tra arte e fumo,  perché solo con loro sei e rimarrai un ottimo venditore di te stesso. Ti auguro tutto il bene, sinceramente, Iddio non voglia mai il tuo risveglio alla consapevolezza che quel giorno sarebbe troppo duro per te e ti perderesti, definitivamente.

Auguro a chi ti incontra di non ricevere il male del quale sei capace, specie davanti a quelle persone che ti ricordano le menzogne che dici ogni giorno, a te stesso, agli altri, grazie alla maschera di scena che ti rende così credibile davanti a un pubblico superficiale.

Ti voglio bene, davvero, soprattutto quando vedo che cerchi d’attaccarti un’etichetta dall’adesivo scadente, fingendo che non te ne curi, con una falsa modestia dai riflessi stucchevoli, ammettendo che l’artista è un essere libero, incapace di accettare una simile definizione, definizione che odi, per inciso. Mentre lo dici ti vedo lì, che cerchi uno spazio di pelle, per far aderire quella fastidiosa etichetta che, anziché essere efficace e dignitosa nella sua semplicità, continua a essere viscida e inapplicabile.

Ti prego di credermi se ti dico che, se un giorno ti verrà affibbiata quell’etichetta, da qualcuno che non sei tu, tranquillo, attaccherà benissimo e allora avrai finito veramente d’essere un artista.